L’art. 110 del Decreto Agosto (DL 104/2020) ripropone per il 2020 una nuova legge di rivalutazione dei beni di impresa, particolarmente interessante sia perché può avere valenza solo civilistica, sia perché l’eventuale rilevanza fiscale dei maggiori valori è subordinata al pagamento di una imposta sostitutiva in misura molto ridotta (3%) e non deve riguardare necessariamente tutti beni della medesima categoria omogenea.
Soggetti ammessi alla agevolazione
I soggetti ammessi alla nuova misura di rivalutazione sono le società di capitali e gli enti commerciali residenti nel territorio dello Stato che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio.
Tali soggetti possono, in deroga alle norme del codice civile, rivalutare civilisticamente i beni d’impresa e le partecipazioni di controllo/collegamento risultanti dal bilancio in corso al 31 dicembre 2019, ad esclusione dei beni merce (alla cui produzione ed al cui scambio è diretta l’attività d’impresa).
La rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio o rendiconto dell’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 (anno 2020, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare) e deve essere annotata nel relativo inventario e nella nota integrativa.
Beni oggetto della rivalutazione
Possono essere oggetto di rivalutazione, ad esempio, terreni, fabbricati, impianti, macchinari, attrezzature, marchi, brevetti, partecipazioni in società controllate e collegate iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie.
Possono essere rivalutati anche i beni immateriali consistenti in diritti giuridicamente tutelati. Mentre restano escluse le immobilizzazioni immateriali che non costituiscono beni quali, ad esempio, l’avviamento e, più in generale, i costi pluriennali.
La rivalutazione è applicabile anche ai beni completamente ammortizzati e non più presenti nell’attivo patrimoniale, se conservano un valore economico, nonché alle immobilizzazioni in corso risultanti dall’attivo dello stato patrimoniale del bilancio relativo all’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2019.
I beni detenuti in leasing possono essere rivalutati dall’utilizzatore solo se è stato esercitato il diritto di riscatto entro l’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2019, considerato che possono essere rivalutati i soli beni in proprietà.
Possibilità offerte dalla rivalutazione
Come anticipato, l’adeguamento dei valori può essere esercitato anche ai soli fini civilistico-contabili (in deroga alle norme del codice civile), senza alcun importo da pagare. Il testo della norma ricalca infatti, sotto questo profilo, l’art. 15 c. 20 DL 185/2008 (rivalutazione degli immobili delle imprese), stabilendo che il maggior valore attribuito ai beni “può essere riconosciuto” fiscalmente pagando un’imposta sostitutiva.
Come precisato dalla relazione ministeriale all’art. 110 del Decreto Agosto, la scelta della rivalutazione, civilistica e/o fiscale, può riguardare ogni singolo bene tra quelli rivalutabili, senza il vincolo di dovere adeguare il valore di tutti i beni compresi nella stessa categoria.
Pertanto, all’interno della stessa categoria di beni rivalutabili, si potrà ad esempio rivalutare un singolo bene ai soli fini civilistici, rivalutare un secondo bene anche fiscalmente (pagando l’imposta sostitutiva del 3%) e lasciare invariato il valore degli altri beni.
Nelle precedenti leggi di rivalutazione, invece, se l’impresa intendeva affrancare il valore di un bene compreso in una determinata categoria, anche tutti gli altri beni che ne facevano parte dovevano essere affrancati, pena la decadenza degli effetti della rivalutazione (vincolo delle categorie omogenee previsto dal DM 13 aprile 2001).
Riconoscimento ai fini fiscali del maggior valore dei beni
Il riconoscimento ai fini fiscali dei maggiori valori avviene con il pagamento di un’imposta sostitutiva.
In particolare, il maggior valore attribuito ai beni e alle partecipazioni si considera riconosciuto, ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, a decorrere dall’esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita (quindi, per i soggetti “solari”, già dal 2021), mediante il versamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP e di eventuali addizionali nella misura del 3%. Ne consegue che i maggiori ammortamenti sui beni rivalutati potranno essere portati in deduzione già nell’esercizio 2021 per i soggetti “solari”.
L’imposta sostitutiva va versata (anche mediante compensazione con crediti fiscali) in un massimo di due rate di pari importo:
– la prima entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d’imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita;
– la seconda entro il termine previsto per il versamento della seconda o unica rata di acconto delle imposte sui redditi relativa al periodo d’imposta successivo.
Diversamente dal riconoscimento immediato dei maggiori valori ai fini della deduzione degli ammortamenti, è previsto un differimento temporale dell’efficacia fiscale della rivalutazione ai fini della determinazione delle plus/minusvalenze sui beni rivalutati.
In particolare, nel caso di cessione a titolo oneroso, di assegnazione ai soci, di destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa o al consumo personale o familiare dell’imprenditore dei beni rivalutati in data anteriore a quella di inizio del quarto esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione è stata eseguita, ai fini della determinazione delle plusvalenze o minusvalenze si ha riguardo al costo del bene prima della rivalutazione. Ciò vuol dire che se l’alienazione (o le altre forme di estromissione del bene dall’attività di impresa) è effettuata entro il 31 dicembre 2023, la rivalutazione fiscale non ha effetto e le plusvalenze/minusvalenze si calcolano sul costo del bene prima della rivalutazione.
Saldo attivo di rivalutazione
L’operazione di rivalutazione comporta la formazione di un saldo attivo di rivalutazione, vale a dire la rilevazione contabile nel passivo dello stato patrimoniale della contropartita del maggior valore attribuito ai beni in applicazione delle norme sulla rivalutazione.
Sotto il profilo civilistico, il saldo attivo risultante dalle rivalutazioni eseguite è sottoposto ad un regime di vincolo analogo a quello previsto per il capitale sociale. Il saldo deve essere imputato al capitale o accantonato in una speciale riserva di patrimonio netto, con esclusione di ogni diversa utilizzazione.
La Circ. AE 19 marzo 2009 n. 11/E (relativa alla rivalutazione degli immobili di cui al DL 185/2008, per molti versi analoga alla normativa in commento) ha chiarito che, qualora il contribuente iscriva in bilancio il maggior valore sui beni senza optare per il riconoscimento fiscale dello stesso, il saldo attivo non costituisce riserva in sospensione d’imposta, ferma restando la necessità di imputarlo al capitale o accantonarlo in una speciale riserva con esclusione di ogni diversa utilizzazione. In questo caso, la riserva da rivalutazione è una ordinaria riserva di utili che in caso di distribuzione viene tassata sul socio come dividendo (società di capitali), ma non è imponibile sulla società.
Qualora invece alla rivalutazione sia attribuita rilevanza fiscale, il saldo attivo costituisce riserva in sospensione d’imposta finché resterà iscritta in bilancio. In base all’art. 13 c. 3 L. 342/2000 (riferimento normativo richiamato dal Decreto Agosto nel definire le regole di funzionamento della rivalutazione), la riserva concorrerà invece a formare il reddito imponibile in capo sia alla società che ai soci nel caso in cui questa venga distribuita.
Affrancamento del saldo attivo
La riserva in sospensione di imposta derivante dalla rilevanza fiscale della rivalutazione può essere affrancata, in tutto o in parte, mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP nella misura del 10%.
L’imposta sostitutiva va versata (anche mediante compensazione con crediti fiscali) in un massimo di due rate di pari importo:
– la prima entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d’imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita;
– la seconda entro il termine previsto per il versamento della seconda o unica rata di acconto delle imposte sui redditi relativa al periodo d’imposta successivo.
Il saldo attivo di rivalutazione, una volta affrancato, è liberamente distribuibile ai soci e non concorre a formare il reddito imponibile della società che ha effettuato la distribuzione.
Poiché le riserve di rivalutazione, una volta affrancate, confluiscono tra le riserve di utili, in caso di distribuzione il socio deve assoggettare a tassazione l’importo percepito secondo le regole ordinariamente previste per la tassazione dei dividendi.